Matematica e ambiente di lavoro
Una bizzarra teoria matematica che spiega i rapporti tra colleghi di lavoro

da | 3 Dic 2004 | Statistica e matematica | 0 commenti

1. La matematica… e l’ambiente di lavoro

L’ambiente di lavoro, per la moltitudine di relazioni che al suo interno si pongono in essere, offre una possibilità di osservazione dei comportamenti umani. Le relazioni che si instaurano all’interno di un ambiente di lavoro dove, peraltro, spendiamo gran parte del nostro tempo, risultano, forse, anche più complesse rispetto alle relazioni tipiche del rapporto uomo-donna.
All’interno di un ambiente lavorativo i soggetti sono organizzati secondo una struttura gerarchica e pertanto interagiscono, quasi sempre, non a livello paritario; una struttura così fatta risulta fortemente rigida.

Sebbene le interazioni siano molteplici e di svariati tipi, tuttavia, sembra comunque esistere un certo numero di regole core, scritte e non, che, quotidianamente trovano la loro applicazione; molte di esse offrono spunti satirici: insomma una rappresentazione giornaliera del “Fantozzi” di Villaggio.

Analizziamo gli elementi che interagiscono all’interno del sistema. Supponiamo per semplicità che l’ambiente descritto non abbia contatti con l’esterno (sistema isolato) e che sia organizzato gerarchicamente; una cellula coordina una o più cellule e, al tempo stesso, al suo interno ogni cellula è organizzata gerarchicamente con un coordinatore e “n” elementi esecutori.

Con riferimento alle relazioni che intercorrono tra il coordinatore e gli esecutori, la prima caratteristica che contraddistingue un ambiente di lavoro è quella dell’ineguaglianza. Il coordinatore, infatti, in quanto essere umano, è soggetto ai sentimenti propri delle relazioni tra individui quali simpatia, antipatia, attrazione sessuale, ecc…

Pertanto, risulta difficile o più probabilmente utopistico che egli si relazioni con i subalterni utilizzando con tutti gli stessi parametri valutativi e comportamentali.

Ne discende il primo postulato dell’ambiente di lavoro:

  • Postulato dell’ineguaglianza – Dato un sistema complesso come l’ambiente di lavoro, ipotizzando che gli elementi che formano il sistema siano solo di due tipi:
    • uno che coordina e un altro che lo esegue
      • se gli elementi esecutori sono almeno due il carico dei compiti non è mai distribuito tra questi secondo equità, sia quantitativa che qualitativa

Definito il postulato dell’ineguaglianza occorre indagare, in prima battuta, se il sistema tende a riequilibrarsi ovvero aumenta la sua entropia analogamente a quanto avviene nell’universo (leggi della termodinamica).

Il teorema di seguito enunciato risponde a queste domande:

Teorema dell’incremento dell’ineguaglianza – Nel sistema di cui al precedente postulato si dimostra che la condizione di ineguaglianza tende via via ad incrementarsi.

Infatti il coordinatore nell’intento di aumentare il livello di efficienza e la produttività, tenderà ad assegnare una maggiore quantità di lavoro all’elemento che lo esegue in minor tempo e tale condizione renderà sempre meno equilibrata la ripartizione dei carichi di lavoro.
Tale affermazione si dimostra analiticamente:

Sia dato un sistema costituito da tre elementi

e’

e”

c

essendo e’ ed e” gli elementi esecutori e c l’elemento coordinatore.

E siano

l la quantità di lavoro da svolgere

t il tempo in cui il primo elemento porta a termine il lavoro assegnato

p’ la percentuale di lavoro assegnata a e’

p” la percentuale di lavoro assegnata ad e”

con:

0 ≤ p’ ≤ 1 ; 0 ≤p” ≤1

e p’+p”= l

Supponiamo che:

p’ > 0, p” > 0 e p’ > p”      (1)

Analizziamo il sistema al tempo t, istante in cui l’elemento e’ conclude il suo lavoro, per non sovraccaricare l’elemento e” che non ha ancora ultimato il suo, il coordinatore c assegnerà un nuovo carico di lavoro secondo percentuali che soddisfano ancora la (1). Tale situazione contribuirà ad incrementare il dislivello, dando origine ad un fenomeno iterativo che al limite tenderà a fare assumere:

il valore 1 alla variabile p’

il valore 0 alla variabile p”

Il teorema si dimostra anche per p’=p’‘ o p'<p’’.

Da quanto su esposto si evince che qualsiasi siano le condizioni iniziali, la quantità di lavoro svolta dall’elemento e’ cresce in maniera più che proporzionale.

Rappresentando graficamente sull’asse delle ascisse il tempo t e sull’asse delle ordinate il lavoro eseguito si osserva che la funzione:

matematica2

che lega la quantità di lavoro eseguito da e’ è del tipo:

matematica3

essendo p e q i parametri che indicano quanto velocemente aumenterà la produttività di e’ si deduce facilmente che il limite massimo di carico di lavoro sopportabile:

matematica4

invece la funzione:

matematica6

è del tipo:

matematica7

L’applicazione pratica di tale teorema dovrebbe avere un impatto ben definito sulle dinamiche distributive dei carichi di lavoro.

Infatti, ipotizzando che la retribuzione tra i due lavoratori sia uguale, fissa e non legata alla produttività, ci si chiede che vantaggio abbia il lavoratore e’ a lavorare più velocemente di e”?

Un comportamento razionale lo porterebbe a rallentare volutamente il suo ritmo di lavoro portando il sistema lontano dall’efficienza, ma riequilibrando la ripartizione dei carichi di lavoro.

Al contrario, il fenomeno che si osserva prevalentemente in natura è altresì inspiegabile, infatti sovente il lavoratore e’, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, non adotta il suddetto comportamento razionale (oppure ha un comportamento coscienzioso…?) verificando dunque la (2) e quindi tendendo ad assumersi integralmente il carico di lavoro da distribuire.

Non potendo spiegare razionalmente tale comportamento, potremmo definirlo come “paradosso del fesso”.

Benché possa apparire strano, le osservazioni sul campo dimostrano che il paradosso del fesso trova sempre più spesso applicazione nella realtà.

Chissà quale brillante carriera attende, dunque, i lavoratori inde(…fessi) il cui comportamento genera il “paradosso del fesso”: nessuna naturalmente!!!

L’esperienza infatti insegna che a maggior lavoro corrispondono maggiori successi ma altrettante probabilità di errori o insuccessi, senza che, peraltro, il suddetto lavoratore sia supportato, in caso di bisogno, dalla rete protettiva costituita dalla solidarietà dei colleghi che, al contrario, attendono al varco chi troppo si espone.

La circostanza è descritta nel:

Teorema della non responsabilità

Sia dato un sistema formato da:

l’insieme E degli esecutori di lavoro e

l’insieme C dei coordinatori c

La relazione tra gli elementi dell’insieme C e gli elementi dell’insieme E è:

1 a n e che E ∩ C = 0

infatti ad

1 elemento coordinatore c

corrispondono

n elementi esecutori e

Considerando che:

l’insieme E è competitivo in quanto solo pochi elementi e potranno diventare elementi dell’insieme C.

La condizione che permette agli elementi di E di diventare elementi di C è soggetta alla discrezionalità di c che valuterà il più meritevole tra gli elementi e.

L’equazione meritocratica è direttamente proporzionale ai successi s e inversamente proporzionale agli insuccessi d
per ogni e vale:

matematica9

essendo k il coefficiente che misura il peso che il coordinatore attribuisce ad un insuccesso con k>1

Ne deriva che:

un insuccesso pesa più di un successo.

L’equazione descrive analiticamente la ragione per cui ogni elemento e tende a rifiutare incarichi di responsabilità ad alto rischio, cioè, che inducono ad un insuccesso con maggiore probabilità piuttosto che al successo.

Infatti se un elemento e colleziona insuccessi, la sua equazione meritocratica ne risentirà secondo il coefficiente amplificativo
k>1 e, di conseguenza, indirettamente le funzioni meritocratiche degli altri elementi pur restando fisse usciranno comparativamente avvantaggiate.

Il teorema sopra enunciato è empiricamente dimostrato in qualsiasi ambiente di lavoro dove gli esecutori, sempre pronti a mettersi in mostra per le attività a basso rischio, si tirano indietro ogni qual volta si assegnano delle responsabilità su attività ad alto rischio, cercando di eluderle a svantaggio di altri colleghi.

Il teorema spiega lo strano fenomeno del rifuggire un incarico di responsabilità, salvo poi ricomparire sulla scena quando il lavoro è completato, adottando differenti reazioni:

nel caso in cui il progetto è andato a buon fine

  • o millantando di avere contribuito al risultato in maniera decisiva
  • o sostenendo comunque che l’incarico non presentava particolari difficoltà

nel caso in cui il progetto non è andato a buon fine

  • sostenendo che avrebbero saputo fare di meglio se ne avessero avuta la responsabilità

Tale comportamento tende ad amplificare gli effetti moltiplicativi dell’insuccesso sul successo.

Se pur in maniera differente, mira allo stesso obiettivo un “fenomeno proprio dell’ambiente”: il pettegolezzo, attraverso il quale ogni elemento tende sminuire i risultati dell’altro e, quando possibile, attacca “l’avversario”, anche su argomenti estranei al lavoro, mettendolo in cattiva luce sia con i colleghi che con il capo.

…e che dire di chi coordina?

Dopo aver analizzato il sistema dal punto di vista dell’esecutore, spostiamo il nostro punto di vista sui coordinatori, ponendo la nostra attenzione sul comportamento di chi ha il ruolo di dirigere il lavoro con competenza e imparzialità di giudizi, al fine di ottenere la massima efficienza del sistema.

…l’ambiente è definito tramite i seguenti due postulati:

  • Postulato del sacrificio – Il capo deve procedere alla spersonalizzazione dell’elemento umano e poter sacrificare chiunque, se necessario, al raggiungimento della massimizzazione della produttività
  • Postulato del capo – Un capo non può e non deve coltivare rapporti sinceri con tutti i collaboratori perché, se così fosse, ci sarebbe trasparenza nella ripartizione dei carichi di lavoro e nelle elargizione di premi e avanzamenti di carriera che sarebbero in contrasto con il già citato teorema dell’incremento dell’ineguaglianza

Una caratteristica propria del ruolo di coordinatore trova applicazione nel seguente teorema:

Teorema della non conflittualità – Sia dato un sistema formato da:

l’insieme E degli esecutori di lavoro e

l’insieme C dei coordinatori c

La relazione tra gli elementi dell’insieme E e gli elementi dell’insieme C è:

1 a n

infatti

ad 1 elemento coordinatore c

corrispondono

n elementi esecutori e

e che:

E ∩ C = 0

Si dimostra che c in qualunque condizione non ha convenienza a tenere un rapporto conflittuale con i collaboratori.

Infatti posto che:

Ogni c ha l’obiettivo di massimizzare la produttività del proprio gruppo.

Per il raggiungimento di tale ambizioso traguardo il primo step è rappresentato dalla condivisione dell’obiettivo tra il coordinatore e gli esecutori che si riesce ad ottenere più facilmente se l’esecutore è emotivamente ben predisposto: un clima amichevole aiuta la
“predisposizione”.

Al contrario, gli esecutori potrebbero non esprimere il massimo impegno per il raggiungimento dell’obiettivo, qualora fosse presente un qualsiasi motivo di risentimento nei confronti del coordinatore.

Analiticamente:

se il coefficiente di condivisione è k >1
(buona condivisione dell’obiettivo)

esso ha un effetto positivo sulla produttività.

Se

k<1
(cattiva condivisione o conflittualità nel gruppo)

ha un effetto peggiorativo sulla produttività e sull’efficienza del sistema.

La funzione della produttività del sistema è del tipo:

matematica11

essendo:

k coefficiente di condivisione, esso rappresenta il coinvolgimento emotivo di ogni elemento nell’attività lavorativa;

t il tempo impegnato nel lavoro;

r la produttività di ogni singolo e, esso rappresenta la capacità tecnica di ogni elemento.

È evidente come k e r influenzano la produttività

Da quanto fin qui esposto si deduce che nel sistema di riferimento il coordinatore c ha convenienza a coltivarerapporti amichevoli (appartenenti o no all’insieme reale) con gli elementi esecutori e.

e con riferimento alla professionalità del capo…?

Ci siamo occupati degli aspetti comportamentali del capo ma cosa dire degli aspetti professionali che, diciamoci la verità, sono quelli che dovrebbero “giustificare” il ruolo di coordinatore…?

Infatti se ad un capo sono richieste determinate caratteristiche caratteriali, tuttavia esse rappresentano una “condizione necessaria” a ricoprire il ruolo di coordinatore ma non sono comunque “condizione sufficiente” al raggiungimento dell’obiettivo.

E come sempre, proviamo ad esprimere le nostre riflessioni attraverso le leggi matematiche…

Paradosso dell’incompetenza del capo – Supponendo che in un sistema meritocratico gerarchico piramidale nel quale ogni individuo che dimostra competenza nel proprio ruolo venga promosso al grado immediatamente superione, egli salirà lungo la piramide fino ad un livello , per il quale, nel lungo periodo, risulterà non idoneo.

Per assurdo, se egli dimostrasse capacità anche al livello, sarebbe promosso al ruolo superiore e non resterebbe fermo al suo grado per più di un tempo t.

Naturalmente, questo ragionamento è valido a livello teorico, infatti, passando dalla teoria alla realtà, per garantire la progressione verticale di carriera devono essere verificate alcune condizioni, tra le quali la disponibilità di posizioni ad un livello immediatamente superiore.

Nel caso in cui i posti a livello superiore non fossero sufficienti ad accogliere tutti i meritevoli, nel lungo periodo un elemento potrebbe trovarsi fermo non per sua incapacità ma per mancanza di spazio.

A questo punto……la domanda nasce spontanea

Ci si chiede, cioè, se il capo giunto al livello, dimostra la propria incompetenza e, peraltro, non riesce ad intrattenere rapporti amichevoli reali con i propri collaboratori… come riesce a motivare gli esecutori, a garantire la produttività ed il raggiungimento degli obiettivi…?

Ove il capo non può elargire premi e ricompense… si rifà al seguente teorema:

Teorema della pacca sulla spalla – Sia dato un sistema formato da l’insieme E degli esecutori di lavoro l’insieme C dei coordinatori c.

La relazione tra gli elementi dell’insieme E e gli elementi dell’insieme C

è:

1 a n

infatti

ad 1 elemento coordinatore c

corrispondono n elementi esecutori e

e che:

E ∩ E = 0

Il coordinatore, al fine di massimizzare la produttività, deve favorire la competizione tra gli elementi. Tale risultato si raggiunge adottando un sistema premiante, esclusivamente per pochi elementi eletti e.

Supponendo che, ad elevata efficienza corrisponda un’adeguata ricompensa, gli esecutori e avranno convenienza ad aumentare il proprio impegno e quindi la produttività.

Ma elargire una ricompensa materiale non sempre è possibile in accordo con i bilanci dell’azienda…che tipo di ricompensa può essere elargita senza troppo sforzo per l’azienda e mantenendo alto il livello competitivo?

La pacca sulla spalla, da leggere come ricompensa morale, è a costo zero e se, opportunamente utilizzata, può essere vista dal dipendente come “anticamera” di una futura promozione reale. Ma nella maggior parte dei casi ciò non avviene e non si traduce in un passaggio di livello che, per il coordinatore corrisponderebbe ad una perdita di elemento valido con conseguente diminuzione della produttività.

Il teorema della pacca sulla spalla, unitamente ai comportamenti dettati dal paradosso del fesso spiegano come gli esecutori, anche in situazioni non ottimali, si prestino a collaborare per il raggiungimento degli obiettivi…

2. Applicazione delle teorie di Nash alle dinamiche interne dei gruppi di lavoro

…e adesso proviamo ad osservare contemporaneamente il punto di vista del coordinatore e dell’esecutore.
All’interno di una struttura lavorativa di tipo gerarchico piramidale, la diversità di obiettivi, tra chi coordina e chi è coordinato, genera conflittualità all’interno della stessa cellula lavorativa.

Infatti, tra i principali obiettivi dell’elemento esecutore c’è quello di migliorare la propria retribuzione e la propria posizione all’interno della struttura gerarchica che, al limite, si traduce nel passaggio dall’insieme E degli esecutori all’insieme C dei coordinatori.

Il ruolo dell’elemento coordinatore ha un duplice scopo, da un lato deve incentivare gli esecutori per poter migliorare la produttività e raggiungere l’obiettivo assegnato al gruppo di lavoro, ma, al tempo stesso il coordinatore deve arginare la rischiosa possibilità di doversi privare di un elemento valido, troppo meritevole, favorendone il passaggio all’insieme C.

Altrettanto complessi gli aspetti legati alla distribuzione di eventuali premi: infatti non si può deprimere chi già demotivato e produce poco e nemmeno creare invidie tra i migliori elementi.

Riassumiamo le diverse possibilità che ha il coordinatore elencate in ordine di preferenze:

  1. Ottenere la massima produttività riuscendo a non perdere elementi validi.
  2. Ottenere la massima produttività anche a costo di perdere elementi validi.
  3. Non ottenere la massima produttività e non perdere elementi validi.
  4. Non ottenere la massima produttività e perdere elementi validi.

Analogamente per quanto riguarda l’esecutore le possibilità in ordine di preferenza:

  1. Ottenere il passaggio all’insieme C con il minimo impegno lavorativo.
  2. Ottenere il passaggio all’insieme C con il massimo impegno lavorativo.
  3. Non ottenere il passaggio all’insieme C ottenere altre gratificazioni materiali con il minimo impegno.
  4. Non ottenere né il passaggio all’insieme C né altre gratificazioni materiali, ma solo morali (cfr. il paradosso del fesso e la pacca sulla spalla) pur spendendo il massimo impegno.

Analizzando separatamente la posizione del coordinatore e quella dell’esecutore, ci si chiede se esiste uno stato che soddisfi l’equilibrio di Nash. Cioè uno stato in cui entrambi i componenti non hanno recriminazioni da fare nel senso che anche conoscendo in anticipo il comportamento dell’altro si sarebbero comportati allo stesso modo (uno stato di equilibrio non è migliorabile con atti individuali unilaterali benché possa esserlo in generale con atti collettivi). Nash spiega l’idea di fondere intimamente due posizioni, apparentemente, assai lontane: si ha un equilibrio di Nash quando tutti gli agenti possono fare una scelta da cui tutti traggono un vantaggio o uno svantaggio lieve.

La condizione più vantaggiosa per il sistema che stiamo analizzando corrisponde al caso in cui entrambi i soggetti collaborino all’obiettivo, tuttavia i due soggetti raggiungono la massima utilità individuale quando solo uno dei due collabora al raggiungimento dell’altrui obiettivo.

La condizione di non collaborazione di entrambi i soggetti corrisponde, invece, alla peggiore situazione.

La posizione di cooperazione verrà mantenuta finchè uno dei due componenti non passerà alla condizione a lui più vantaggiosa, la propria non collaborazione a scapito dell’altro soggetto, infatti questo massimizza l’utilità del singolo individuo. Tale condizione tende ad allontanare il sistema dalla posizione di cooperazione di entrambi creando una situazione di equilibrio del sistema in uno stato in cui solo uno non collabora e fa affidamento su quella dell’altro soggetto.

Quanto esposto trova un’applicazione pratica nel già citato paradosso del fesso (il coordinatore spera sempre che l’esecutore collabori) o nel teorema della pacca sulla spalla (il coordinatore promette gratificazioni senza mantenerle).

Estendendo i risultati, è possibile reiterare il processo applicandolo al modello gerarchico nel quale ogni elemento può essere al tempo stesso coordinatore ed esecutore, eccezion fatta per il vertice della piramide.

Consideriamo invece un sistema unico (insieme D dei dipendenti d) dal quale resta escluso l’alto management, che operando scelte strategiche, non viene investito dalle attività ordinarie dell’azienda.

All’avviamento di ogni singolo progetto viene scelta la composizione della squadra, un coordinatore e n esecutori. Le scelte vengono effettuate tenendo conto di una serie di parametri quali le attitudini, la storia lavorativa, la specializzazione e confrontandoli con lo skill richiesto.

Ogni elemento ha una probabilità p di avere un ruolo di responsabilità che dipende dal numero dei successi e degli insuccessi ottenuti nel corso della sua carriera. Tale grandezza esprime (teoricamente) la possibiltà di ottenere un successo nel ruolo ricoperto (si deduce che le possibilità di insuccesso sono q=1-p).

Il sistema è viziato dal grado di parzialità del soggetto che opera le scelte, perché pur riferendosi a dei parametri oggettivi tale attività è di certo influenzata da parametri soggettivi tipici dell’elemento preposto ad effettuare la scelta, propri del genere umano.

Una possibiltà di superamento del problema è considerare la selezione del team di un progetto a sua volta un progetto a cui possono essere assegnati elementi che costituiscono un sottoinsieme D’ dell’insieme dei dipendenti D.

Le incentivazioni e le gratificazioni materiali dei dipendenti costituiscono una componente strategica per la riuscita del progetto. Inoltre, la condivisione degli obiettivi da parte di tutti i partecipanti garantisce il loro massimo impegno, infatti la cooperazione di tutti gli elementi è il punto di ottimo se si considera l’utilità del sistema e non quello del singolo.

Come già visto la vita lavorativa del soggetto, in termini di numero di successi s e di insuccessi u ottenuti contribuisce alla determinazione del parametro p (probabilità di essere scelti per un ruolo di responsabilità).

Ma le variabili s ed u hanno un peso anche nella determinazione della remunerazione. Più precisamente la remunerazione è direttamente proporzionale al numero di successi ottenuti (ai maggiori posti di responsabilità) e inversamente proporzionale agli insuccessi. Ci si riferisce ad una valutazione esatta di tali grandezze calcolate con metodi oggettivi e non influenzabili da altrui soggettive valutazioni.

matematica13

s misura il singolo successo in un progetto ed è relativo alla responsabilità ricoperta;

k misura invece il peso relativo al tempo;

Tale parametro esprime un peso nel tempo: più lontano nel tempo è un successo o un insuccesso meno peso ha sulle valutazioni attuali e ciò impedisce a qualcuno di dormire sugli allori o al contrario di pagare eccessivamente un vecchio errore;

t misura il tempo trascorso dal momento della valutazione al tempo del singolo progetto concluso;

u analogamente misura il singolo insuccesso in un progetto ed è relativo alla responsabilità ricoperta;

n è invece la totalità dei progetti a cui il dipendente ha partecipato.

La retribuzione del singolo dipendente si ottiene applicando la formula:

matematica14

La retribuzione è composta da una parte fissa e da una variabile in base al rapporto tra successi e insuccessi relativi al periodo retributivo considerato.

Considerazione di natura diversa per tutte quelle strutture che non svolgono lavoro a progetto, quali le attività lavorative ripetitive, si pensi allo sportello di una banca. Il problema può agevolmente essere superato considerando queste attività come parte di un progetto più ampio che ha come obiettivo finale la redditività aziendale e considerando i successi la parte che si può imputare a ciascun dipendente utile per il raggiungimento di tale obiettivo, quindi la parte di utile aziendale da esso prodotto (in positivo) o distrutto (in negativo).

L’equazione della retribuzione diventa quindi:

matematica15

La sommatoria delle s indica la somma delle attività svolte, P invece il reddito aziendale totale, riferiti a un periodo retributivo.

Da quanto fin qui esposto si deduce che in un sistema gerarchico non sempre è garantita l’efficienza economica, cioè spesso si verifica uno spreco di risorse, e ciò inoltre ha delle ripercussioni sull’intero sistema produttivo.

Un sistema basato sulla condivisione degli obiettivi ed il coinvolgimento dei dipendenti, a qualsiasi livello, contribuisce al miglioramento della struttura, come sperimentato nel recente passato nei “circoli di qualità” giapponesi e, al tempo stesso, favorisce la crescita professionale. Infatti rende possibile, a quanti dimostrino la necessaria attitudine e competenza, la gestione di progetti di alta responsabilità senza dover passare necessariamente da livelli intermedi; parafrasando potremmo dire che un sistema così concepito tende a mettere l’uomo giusto al posto giusto.

Ulteriore riflessione va fatta relativamente al sistema retributivo, infatti un sistema che prevede una retribuzione standard (a parità di parametri quali livello, anzianità, etc…) presenta grossi limiti. Va tuttavia precisato che quasi tutti i contratti ormai prevedono l’erogazione di una retribuzione composta da una parte fissa e da una parte variabile, tuttavia la determinazione della parte variabile presenta diverse criticità.

Infatti un sistema in cui quest’ultima risulta legata ai risultati aziendali e non a quelli personali, si basa sui risultati generali non imputabili al singolo elemento e quindi rispettivamente penalizza più i migliori elementi e premia chi produce meno del valore medio.

Questo sistema rischia di essere demotivante per il singolo soggetto che potrebbe non condividere il risultato o la strategia aziendale e, riprendendo un concetto già esposto, ciò potrebbe portare ad una situazione di equilibrio di Nash in cui uno dei soggetti non collabora contando sulla disponibilità dell’altro.

Come ulteriore conseguenza di questo malcontento, il soggetto potrebbe trovare conveniente “remar contro” ritenendo di poter ricavare un vantaggio dall’insuccesso della sua cellula lavorativa o al limite di tutta l’azienda.

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