I politici, lo sappiamo, godono di moltissimi diritti e prerogative, conseguenza della loro carica e del potere che hanno acquisito in virtù della loro nomina.
Ciò dovrebbe essere normalissimo in una democrazia, in cui il ruolo della persona eletta ed i suoi privilegi sono diretta conseguenza di libere elezioni e del mandato conferito dal popolo ai vincitori di queste ultime.
Che poi i politici tendano inesorabilmente ad eccedere, esorbitando dal mandato ricevuto (per es. attribuendosi eccezionali stipendi e straordinari benefit), è un altro discorso.
Però è importante sapere che esiste un metodo matematico per calcolare, quanto meno, se la maggioranza che ha di fatto beatificato il politico eletto è veramente tale, ovvero una maggioranza significativa dei votanti e non il potenziale frutto del caso.
Infatti capita spesso – molto più di quanto si creda – che errori materiali nelle operazioni di voto, di conteggio o di comunicazione dei risultati decidano le sorti della competizione elettorale, facendo vincere un candidato o un partito senza in realtà una concreta volontà in tal senso della maggioranza.
Come sapere se la vittoria di un candidato o di un partito non è dovuta esclusivamente ad eventi fortuiti, ma è il vero risultato della volontà popolare espressa nella votazione?
Esiste una semplice formula che legittima il risultato elettorale e riguarda le votazioni in cui si contrappongono 2 soli candidati (o due soli partiti), com’è il caso ad esempio delle tornate elettorali di ballottaggio.
Eccola qui:
differenza voti > √(cV+cP)
dove cV = voti del candidato Vincente e cP = voti del candidato Perdente
In altre parole la formula ci dice che la legittimità sostanziale del risultato elettorale, che esclude la vittoria di un candidato per motivi legati solo al caso, si ha quando la differenza dei voti tra i 2 candidati è maggiore della radice quadrata della somma dei voti complessivi presi dal vincitore e dal perdente.
Per esempio, nell’eventualità che al ballottaggio di un Comune la differenza di voti fosse di 67, con il candidato vincitore che prende 5.495 voti, mentre il perdente raccoglie 5.428 preferenze, la nostra formula sentenzia che il Sindaco vittorioso ha un mandato che potrebbe essere frutto del caso e non della piena volontà degli elettori. Infatti la differenza di voti 67 non è maggiore della radice quadrata dei voti attribuiti ad entrambi i candidati:
67 < √(5.495+5.428) = 105 ca.
Per darvi un’idea di quanti voti bisogna prendere per avere la consapevolezza che il vincitore sia effettivamente quello voluto dagli elettori, ecco una tabella delle differenze di voti tra vincitore e perdente il cui superamento garantisce l’esito elettorale dall’influenza di un eventuale errore statistico casuale (dai votanti bisogna escludere le schede bianche e nulle).
Votanti |
Differenza voti |
100 |
10 |
500 |
22 |
1.000 |
32 |
5.000 |
71 |
10.000 |
100 |
50.000 |
224 |
100.000 |
316 |
200.000 |
447 |
300.000 |
548 |
400.000 |
632 |
500.000 |
707 |
600.000 |
775 |
700.000 |
837 |
800.000 |
894 |
900.000 |
949 |
1.000.000 |
1.000 |
A questo punto, dopo aver spiegato quand’è che si ha la legittimità sostanziale della maggioranza (e non solo quella formale, attribuita ufficialmente a seguito del semplice conteggio dei voti), potremmo chiederci: ma è sufficiente qualsiasi maggioranza non derivante probabilisticamente dal caso a dare carta bianca e pieno potere al politico vincitore?
Cioè quel potere eccessivo che il politico eletto tende sempre a prendersi (per es. quando godono di privilegi da loro stessi deliberati) ha veramente la sua fonte nella carta bianca che la maggioranza gli ha conferito eleggendolo? Oppure: quanto deve essere qualificata la maggioranza per dare al vincitore un potere così ampio?
Ovviamente i politici dicono che, una volta eletti da qualsiasi maggioranza, hanno pieno mandato. Ed effettivamente è così, perché la legge glielo permette, ma divertiamoci a identificare una maggioranza solida al di sotto della quale il politico non dovrebbe avere carta bianca, ovvero la possibilità di fare come gli pare.
Secondo i matematici la maggioranza dei votanti in grado di attribuire piena legittimità al potere del candidato eletto dovrebbe essere superiore in frazione al rapporto tra i voti del perdente e quelli del vincitore, cioè in formula:
cV/(cV+cP) > cP/cV
dove al primo termine compare la frazione di voti del vincitore rispetto ai voti di entrambi (escludendo quindi le schede bianche e nulle) ed al secondo il rapporto tra i voti del perdente e quelli del vincitore
Facendo le opportune trasformazioni dell’espressione sopra indicata, si arriva alla conclusione che la soglia percentuale oltre la quale in candidato eletto può ritenere di avere un mandato “forte” da parte degli elettori è quella corrispondente al famoso numero aureo, cioè:
maggioranza che attribuisce pieni poteri al candidato vincitore = 61,5%
da calcolare sempre sui soli voti validi conteggiati per i 2 contendenti (senza considerare quindi voti bianchi e nulli)
Riepilogando quanto detto finora:
sconfitta |
vittoria forse dovuta al caso |
mandato debole |
mandato forte |
|||||||||
|
|
|
|
|
||||||||
0% |
50% |
differenza voti √(cV+cP) |
61,50% |
100% |
||||||||
E’ chiaro però che anche una solida maggioranza non giustifica gli eccessi cui ci hanno ormai abituato i nostri politici e dei quali, con cadenza quasi quotidiana, ci informano i media.
Come a dire: maggioranza forte sì, ma anche tanto buon senso 😉
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