Gneo Pompeo “Magno”
Una dispensa su Gneo Pompeo Magno

da | 23 Mar 2005 | Storia | 1 commento

gneo-pompeo-magnoLa vita della Repubblica era ormai agli sgoccioli e anche molti importanti uomini di Roma si erano accorti dello stato della grave crisi, ormai in apparenza irreversibile, che stava attraversando questo tipo di regime.

Ci si aspettava, da un momento all’altro, l’arrivo dell’uomo forte che avrebbe definitivamente affossato la Repubblica per instaurare un regime autocratico. Di uomini capaci di questa azione, in quel periodo, ce ne furono, da Silla a Mario, da Pompeo a Cesare, ma nessuno se la sentì di rompere con il regime repubblicano che, comunque, aveva ancora molti difensori, soprattutto tra i senatori. Solo Cesare stava per cedere alle lusinghe della porpora, ma, come sappiamo, venne ucciso prima di essere stato proclamato Re.

Gneo Pompeo, destinato ad avere un ruolo di grande protagonista in quegli anni drammatici per la Repubblica, nacque vicino ad Ascoli, nel 106 a.C. Già a 17 anni entrò nell’esercito a fianco di suo padre Pompeo Strabone. Spese la prima parte della sua vita a fianco di Silla e combatté per lui anche durante la guerra civile che lo vide contrapposto a Mario. Silla e Mario rappresentavano due partiti, quello aristocratico e quello popolare, che diedero vita ad una cruenta guerra civile che insanguinò per anni lo stato romano. Dopo la vittoria di Silla, il quale instaurò una feroce dittatura, Pompeo venne spedito a reprimere gli ultimi focolai di resistenza mariana. A seguito delle vittorie in Sicilia e in Africa il dittatore gli concesse l’appellativo di “Magno”.

Nel 77 a.C. represse la rivolta filo-mariana di Marco Emilio Lepido, riconquistò molte città del nord e sconfisse definitivamente Lepido in uno scontro in Maremma. Dopo questo successo il Senato mandò Pompeo in Spagna per reprimere un’altro ribelle che, addirittura, aveva avuto la presunzione di crearsi uno stato: Quinto Sertorio. La campagna in Spagna fu lunga e snervante; solo il tradimento di un ufficiale di Sartorio, Peperna, permise a Pompeo di concludere felicemente la pratica. In Spagna fondò anche una città che oggi conosciamo con il nome di Pamplona (Pompaelo).

Di ritorno dalla Spagna, sbaragliò quello che rimaneva dell’esercito di schiavi guidati dal gladiatore Spartaco. In verità la ribellione di Spartaco venne domata da quel Marco Licinio Crasso che dopo diverrà suo compagno nel triumvirato, ma, grazie a questo colpo fortunato, Pompeo riuscì a farsi concedere il trionfo mentre Crasso ebbe la semplice ovazione. Ottenuto il consolato con Crasso, nel 70 a.C. , si adoperò per ridimensionare il potere del Senato e per demolire le leggi varate da Silla.

Di tutto si può dire di Pompeo, tranne che fu politicamente coerente; più di una volta passò da un partito all’altro, secondo la convenienza del momento. Con il consolato sembrò quindi abbandonare il partito aristocratico per avvicinarsi a quello popolare.

Nel 67 a.C. a Pompeo venne affidata la guerra contro i pirati che infestavano il Mediterraneo. Per una città potente come Roma il controllo del mare Mediterraneo era indispensabile; sia per poter agevolmente controllare i suoi vasti territori, sia per i commerci e sia per la sua stessa sopravvivenza.

La presenza dei pirati, per la maggior parte provenienti e foraggiati dai regni asiatici, rendeva molto insicura la navigazione dei vascelli romani e gli stessi cittadini di Roma non si sentivano al sicuro visto che spesso i pirati assalivano e razziavano le città costiere…..e Roma distava solo 25 chilometri dal mare. Dopo appena tre mesi il Magno riuscì a sconfiggere i pirati e a catturare migliaia di imbarcazioni . La grande vittoria contro i pirati gli permise di chiedere il comando in Asia al posto di Lucullo; uno delle mire di Pompeo infatti era quello di occuparsi dell’Asia, forse sognando di rivivere le gesta di un’altro “Magno” del passato: Alessandro.

Anche qui i successi non gli mancarono; sottomise Mitridate Re del Ponto, storico rivale di Roma, e ottenne l’alleanza di Tigrane. Assicurò a Roma due nuove province: la Siria e la Palestina. Nella regione mostrò una intelligenza non solo militare, cercando di trarre il massimo vantaggio intromettendosi nelle vicende dinastiche che imperversavano fra gli stati di quella regione.

Oltretutto si mostrò molto tollerante e rispettoso della religione ebraica e questo gli valse la simpatia dei Farisei.

Dopo questa serie di vittorie, Gneo Pompeo “Magno”, era all’apice della sua carriera. Ormai tutti, amici e nemici, temevano il suo nome. Le sue legioni sembravano invincibili. Se avesse voluto, avrebbe potuto dare la spallata decisiva alle istituzioni repubblicane e quasi nessuno se ne sarebbe lamentato visto che era amato dalla maggior parte del Senato, nonostante la sua politica degli ultimi anni, dal popolo e dall’esercito.

Aveva il mondo ai suoi piedi, ma, per uno dei tanti misteri della storia romana, volle rimanere fedele alla Repubblica. Ma la sua stella cominciò ad affievolirsi quando si trovò di fronte un personaggio più abile, più intelligente e carismatico di lui: Caio Giulio Cesare.

Forte di questi successi, Pompeo, nel 62 avanti Cristo, si apprestò a tornare a Roma e già molti senatori temevano una marcia su Roma come quella di Silla che portò all’instaurazione di un potere dittatoriale. Il prestigio di Pompeo era talmente alto che, se avesse voluto, avrebbe potuto tranquillamente autoproclamarsi dittatore o monarca, ma, facendo tirare un sospiro di sollievo a molte persone a Roma, e, una volta sbarcato a Brindisi, licenziò il suo esercito.

A Roma venne accolto da grandi onori, per le sue conquiste, ma presto cominciarono le prime difficoltà. Molti senatori, tra cui Cicerone, cominciarono ad ostacolarlo impedendo, per esempio, il varo di leggi di cui Pompeo aveva tanto bisogno e cioè quella relativa all’assegnazione di terre ai suoi veterani e quella concernente la ratifica delle sua riorganizzazione attuata in Asia.

Per superare questo scoglio, Pompeo, aveva bisogno di alleati potenti e fu cosi che si legò a due personaggi molto influenti a Roma: Caio Giulio Cesare e Marco Licinio Crasso.

Si formò così quel contratto privato, che doveva rimanere segreto il più a lungo possibile, passato alla Storia con il nome di Primo Triumvirato. Era l’anno 60 avanti Cristo.

L’accordo prevedeva la spartizione tra di loro delle cariche più prestigiose. Non era un accordo nato sulla base di una identità di vedute sulla conduzione dello Stato, ma piuttosto un accordo basato su questioni di opportunismo; ognuno aveva bisogno dell’altro per motivi personali e di sete di potere.

Già dopo pochi anni gli screzi fra Pompeo e Crasso rischiarono di porre fine all’accordo che solo la tenacia di Cesare riuscì a tenere in piedi e a rilanciare dopo uno storico incontro a tre tenutosi a Lucca. Il legame divenne ancora più forte quando Pompeo sposò Giulia, la figlia di Cesare.

Il triumvirato, però, non era destinato a durare a lungo; la morte di Giulia, che pose fine al legame familiare fra Cesare e Pompeo, la scomparsa dello stesso Crasso nella famosa battaglia di Carre e i crescenti conflitti tra i due triumviri rimasti, decretarono la fine dell’accordo.

Pompeo, inoltre, politicamente si avvicinò sempre più all’aristocrazia senatoriale che vide in lui un baluardo da contrapporre a Cesare che ritenevano una pericolosa minaccia per la Repubblica.

Dopo il fallimento di vari tentativi di mediazioni tra i due, si arrivò al famoso passaggio del Rubicone da parte dell’esercito cesariano. La guerra civile era ormai inevitabile.

Contrariamente alle aspettative, Pompeo, non andò incontro a Cesare cercando uno scontro armato, ma fuggì da Roma seguito dai consoli e dalla maggioranza dei senatori. Dapprima si diresse verso la Campania per poi andare a Brindisi e quindi salpare per Durazzo dove pose il suo quartier generale.

Sul fatto che Pompeo lasciò l’Italia senza combattere, è un mistero su cui si discute tuttora.

Forse l’Asia era il terreno che conosceva meglio e in cui poteva contare su vari alleati. Inoltre portandosi dietro i consoli e i senatori, costringeva Cesare a lasciare l’Italia che gli eserciti a lui fedeli, stanziati in Spagna, avrebbero potuto facilmente riconquistare.

Cesare, dimostrando una intelligenza non comune, intuì la trappola e, prima di inseguire Pompeo, si diresse in Spagna dove, nel giro di pochi mesi, sconfisse le truppe fedeli al suo nemico.

Eliminato questo pericolo, poté finalmente attraversare l’Adriatico per quello che sarebbe stato lo scontro decisivo della guerra civile.

Dopo ripetute scaramucce finalmente si arrivò allo scontro finale il 9 Agosto del 48 a.C. presso la località di Farsalo.

L’esercito pompeiano era nettamente superiore. L’esito dello scontro, però, arrise fin da subito a Cesare che alla fine colse una schiacciante vittoria.

Il Magno, perso l’esercito, riuscì a stento a fuggire; raccolse moglie e figli e chiese asilo in Egitto, dove Tolomeo XIV regnava sotto tutela dello stesso Pompeo. Qui finì l’avventura di Gneo Pompeo Magno; gli egiziani, nella speranza di ricevere ricompense da Cesare, lo uccisero a tradimento con una pugnalata alle spalle. Così moriva uno dei più famosi generali romani e uno dei più importanti personaggi della Repubblica.

1 commento

  1. Gneo Giuseppe

    sono sempre stato interessato alla storia di pompeo magno il personaggio lo ritengo politicamente piu sociale di cesare saluti e mail gneogiuseppe1956@libero.it

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