Il fascismo – Mussolini
”Cadaveri senza testa o col ventre aperto ed i visceri pendenti da una larga ferita; cadaveri gonfi come otri, sui cui volti trasfigurati è scomparsa ogni impronta umana e, sembrano paurosi fantasmi preparati dalla Morte per un carnevale macabro” e ancora: “:”…oh quello strettissimo e basso camminamento austriaco, intagliato nel sasso, che ci serviva da trincea fuori dal quale, di giorno, era impossibile metter testa: a terra vi erano i morti su cui stavano frammischiati dei vivi, dovevano camminare, strisciando, ufficiali e portaordini.”
Queste sono due delle tantissime testimonianze scritte nei diari e lettere dei fanti che combatterono nelle trincee della Prima Guerra Mondiale.
Questa esperienza portò ad una continua trasgressione di categorie, nel congiungere i confini che normalmente separavano il visibile dall’invisibile, il noto dall’ignoto, l’umano dal non umano. La guerra offrì tante occasioni per il rovesciamento di distinzioni centrali per il pensiero razionale.
Le radici del fascismo affondano nell’esperienza terribile della Grande Guerra.
L’ Italia entrò in guerra nel Maggio del 1915 e per tre anni i fanti italiani conobbero quella che fu la orribile vita di trincea, fatta di lunghissime giornate trascorse nel terrore di un possibile attacco frontale, di una continua convivenza con i compagni morti, che con il trascorrere del tempo diventarono molte volte strumenti per migliorare le trincee, o tavolini – come racconta il tenente Salsa che nel suo diario parla di un tavolino costruito con le ossa umane dove far colazione nei momenti di pausa. Ma ciò che deve essere evidenziato è il fatto che tale esperienza accelerò il processo di brutalizzazione degli esseri umani immersi un mondo quasi infernale.
L’ Italia che uscì vittoriosa dalla guerra era un paese profondamente cambiato dal punto di vista sociale: le donne avevano sostituito gli uomini nel lavoro della terra; e a dare il maggior contributo per la guerra era stata la classe sociale più bassa: i contadini.
Infatti la maggior parte di questi ex fanti – contadini, entrati in guerra con scarsi ideali patriottici, all’epoca non si vedevano neanche riconosciuto il diritto di voto e ora reclamavano a gran voce i propri diritti, ma si ritrovarono totalmente abbandonati a se stessi dalla classe liberale che governava lo Stato.
Nel dopoguerra ci fu una grande crisi morale a causa di quei grandi interrogativi che soprattutto questa classe si poneva sul significato di tutti quei sacrifici sopportati, calcolabili in danni materiali e in vite umane. Un altro fattore che contribuì a destabilizzare la società del dopoguerra fu il mito della <<vittoria mutilata>>, divenuto ben presto il cavallo di battaglia per i nazionalisti, i dannunziani ed i fascisti poi. In tale contesto la classe liberale, come già accennato, non seppe leggere i segni dei cambiamenti in corso. Un altro fattore destabilizzante per gli equilibri socio-politici italiani fu la rivoluzione russa che influenzò profondamente le classi operaie italiane ed a cui seguì il biennio rosso ( 1919-1920 ), periodo in cui l’ Italia sembrò sull’ orlo di una rivoluzione proletaria ( si ricordi a tal proposito l’ occupazione di 600 fabbriche tra Torino – Milano – Genova ). Sommato a tutto ciò si deve evidenziare anche il grande contrasto tra partiti e di conseguenza la grande fragilità politica italiana. Questa era la situazione che trovarono i fanti contadini usciti dalle trincee e tornati nei propri paesi.
Di tale stato di cose seppe approfittare abilmente Benito Mussolini, ex socialista, ex combattente nei Bersaglieri che riuscì a raccogliere attorno a sé nazionalisti delusi, ex combattenti – soprattutto arditi – e giovani di media borghesia promettendo ciò che la classe dirigente non era capace di dare.
Benito Andrea Amilcare Mussolini nasce il 29 luglio del 1883 a Dovia – Predappio, di domenica pomeriggio; fu prima contrario all’entrata in guerra dell’Italia per poi cambiare idea e schierarsi dalla parte degli interventisti insieme a esponenti del nazionalismo come Filippo Corridoni. Giornalista di gran talento fu ferito in guerra in seguito allo scoppio di una bomba. Ci resta dell’esperienza della Grande Guerra il suo memoriale ”Il mio diario di guerra”, che poi farà parte dell’opera Omnia da lui scritta. Mussolini, come la gran parte dei soldati ebbe la possibilità di vedere con i propri occhi l’orrore della guerra di trincea, tanto da scrivere in una pagina del suo diario:<<la guerra di posizione esige una forza e una resistenza morale e fisica grandissime: si muore senza combattere.>>
Ritornato dal fronte, continuò la sua guerra dalle righe del suo giornale <<Il Popolo d’Italia>> contro l’arrendevolezza e l’incomprensione della classe dirigente, sostenitore dell’ <<ordine>> interno contro le agitazioni di piazza, soprattutto quelle socialiste.
Il 23 marzo del1’1919, a P.zza San Sepolcro, davanti ad un piccolo gruppo di sostenitori (tra cui Roberto Farinacci, figura che poi sarà molto importante durante il Fascismo) Mussolini fondò i Fasci di combattimento. Da questa iniziativa, uscì fuori quello che poi è chiamato solitamente il <<Programma di San Sepolcro>>, un programma che prevedeva:
- nell’ambito della politica interna il suffragio universale con voto ed eleggibilità per le donne, L’abolizione del Senato, la giornata legale per tutti i lavoratori di otto ore, i minimi di paga;
- nell’ambito estero, il programma si esprimeva per la lotta contro tutti gli imperialismi.
Tale programma risultava privo di una linea politica ben definita, si sommavano rivendicazioni di socializzazioni a idee di carattere reazionario, si passava dal repubblicanesimo (come l’abolizione del senato e la convocazione di una Assemblea Nazionale con il compito di stabilire la forma costituzionale dello Stato) ad un acceso anticlericalismo ( Il sequestro di tutti i beni delle Congregazioni e l’abolizione di tutte le mense vescovili).
Mussolini diede ben poca importanza al movimento dei fasci da lui fondato, il traguardo era quello di fondare un vero e proprio partito politico.
Come già detto, tra il 1919 –1920 si ebbe quello che da tutti è chiamato il <<biennio rosso>>, si pensò che anche l’Italia avrebbe attuato una rivoluzione del tutto uguale a quella avvenuta in Russia nel ‘17; i socialisti organizzarono i lavoratori, delusi dalle fallite promesse del dopoguerra, si ebbero una serie di scioperi a catena, agitazioni di massa, e tumultuosi comizi.
In questo periodo si ebbe anche la nascita delle prime <<squadre d’azione>> fasciste, formate da ex combattenti (soprattutto arditi) che si contrapponevano alle <<leghe socialiste>>.
Nella primavera del 1919, il ministro della Guerra Caviglia scrive un verbale che ci dà l’idea già delle violenze perpetrate da tali gruppi di fascisti, egli scriveva:<<Gli spiacevoli incidenti che in questi ultimi tempi si sono susseguiti nell’interno del territorio per opera o almeno con interventi di Arditi congedati…hanno suscitato nel pubblico e talora nelle stesse Autorità un senso di avversione. >>
Gli anni che vanno dal ‘19 al ‘21 sono caratterizzati da grandi violenze e da una forte instabilità politica in Italia.
Nel maggio del 1921 si ebbe -in seguito alle elezioni- l’ingresso dei fascisti e dei nazionalisti all’interno della camera. Questo fu un passo decisivo, per la presa del potere.
Nel novembre dello stesso anno, in occasione del III Congresso Nazionale, Mussolini decise di trasformare i fasci di combattimento in un vero e proprio Partito politico, era questo un passo decisivo verso il potere. Il carattere di tale Partito era deducibile dai manifesti affissi per la città di Roma, dove era raffigurato un soldato con il fez in testa (usato dagli Arditi), con in mano la baionetta puntata al di sopra di un teschio posato su una bandiera italiana (che rappresenta lo sprezzo della morte), nell’altra mano era presente un fascio littorio (simbolo dell’antica Roma).
Bisogna dire che Mussolini dalla fondazione dei fasci fino a quella del partito fascista, da un lato, cercò sempre di stringere alleanze con i partiti di governo, come il tentativo di connubio tra Mussolini-Nitti –D’Annunzio, che fallì miseramente, dall’altro, usò le vari squadre di azione per intimidire l’avversario. Con la creazione del Pnf anche le <<squadre d’azione>> assunsero un maggior potere. Come detto queste erano formate da ex combattenti, che dal ‘21 in poi ebbero anche il tacito aiuto delle forze dell’ordine. Tali squadre erano organizzate militarmente; vestivano con pantalone e stivali, camice nere con i simboli del teschio o con il fascio cucito sul petto. In testa avevano il fez, ma anche gli elmetti usati in trincea. Alcune di loro, come la Squadra d’azione di Fermo, avevano delle cinture con teschi grandissimi al centro. Le armi usate erano il manganello, ma anche bastoni comuni, baionette. Anche il motto <<me ne frego!>> era spesso usato per “adornare” le divise degli squadristi (anche tale motto rievocava il periodo della guerra; infatti si narra che molti combattenti, arditi e non, una volta feriti, usavano fasciarsi la ferita con le bende con su scritto “me ne frego”, e continuavano a combattere). Il loro scopo era quello di stanare il nemico impartigli una bella lezione, che a volte poteva finire con una grande dose di olio di ricino o addirittura con la morte.
Le squadre imperversavano sia nei paesini e sia nelle grandi città, disperdevano le organizzazioni sindacali, davano alle fiamme le testate giornalistiche degli oppositori. Italo Balbo, ex –ardito, squadrista e poi ministro dell’Aeronautica militare, scrive quello che era il metodo usato dalla propria <<squadra d’azione>> chiamata Cherry berry che consisteva nell’individuare la zona in cui si voleva intervenire, nel chiudere quindi tutte le strade adiacenti e infine setacciare in massa le case, le organizzazioni, i circoli, in cerca dei nemici politici.
Come già detto, il 1921 fu l’anno in cui le <<squadre d’azione>> spadroneggiarono per tutto il paese; la classe dirigente non capì la gravità di tale momento, credendo che tali forze sarebbe poi destinate a rientrare nella legalità.
Nel frattempo, il governo Facta subentrava a Bonomi, siamo tra il 1921/1922, era ormai evidente il doppio binario della politica Mussoliniana, cioè quello legale, tramite l’entrata nel parlamento dei fascisti e la continua ricerca di una coalizione di governo forte, e quella illegale, attuata dagli squadristi in tutto il paese.
Siamo agli inizi degli anni venti e all’interno del neonato movimento fascista qualcuno parla di dare una svolta, una spallata decisiva per far cadere il Governo e prendere il potere, si comincia a parlare della <<marcia su Roma>>.
Mussolini, era abbastanza scettico a proposito dell’efficacia di tale marcia, ma decise di costituire un <<quadrunvirato>> formato da Italo Balbo, Michele Bianchi, Emilio De Bono, Cesare Maria De Vecchi, con il compito di preparare le basi di tale prova di forza.
Si susseguirono vari incontri, frenetici preparativi, si racconta anche che Italo Balbo pensò a Gabriele D’Annunzio come leader del movimento fascista, sostituendo il titubante Mussolini.; ma tale operazione fallì.
Il 24 ottobre del 1922, i quadrumviri si incontrarono per l’ultima volta e decisero di passare all’azione per il 28 dello stesso mese. Nei giorni seguenti vari gruppi di fascisti, da varie parti d’Italia si radunarono e mossero verso Roma, dal sud il gruppo più consistente provenne da Napoli. Migliaia di giovani si appostarono alle porte di Roma, davanti ai fucili dell’esercito regio. Il governo chiese lo stato d’assedio; infatti fu convocata subito una riunione alle 6:00 della mattina del 28 ottobre durante la quale approvarono la proclamazione dello stato d’assedio:<<Il Consiglio dei Ministri delibera ad unanimità di proporre al Re la proclamazione dello stato d’assedio>>. A questo punto l’ultima parola spettava al Re che, dopo un lungo periodo di incertezza, rifiutò lo stato d’assedio; solo in questo modo i fascisti poterono entrare vittoriosi a Roma. Si ebbero degli scontri a San Lorenzo, quartiere famoso per il suo sentimento antifascista, dove la colonna provenuta da Tivoli e comandata da Giuseppe Bottai decise di passare. Nelle prime ore del pomeriggio del 28 ottobre i fascisti, provenuti da tutta Italia sfilarono davanti al Re.
Mussolini ? Egli si trovava a Milano, qui ricevette la notizia del successo della marcia e l’invito di recarsi nella capitale per formare il nuovo governo (Balbo negli anni ‘30 gli accusò di aver fatto la rivoluzione per telefono). Infatti il 29 ottobre del 1922, nel primo pomeriggio Mussolini ricevette una telefonata da Polverelli che comunicava al futuro Duce la vittoria della marcia:<< Io e Grandi siamo qui al Quirinale e abbiamo il piacere di comunicare che il Re ha deciso di affidarti l’incarico di costituire il nuovo Gabinetto; perciò è necessario che tu parta immediatamente con qualsiasi mezzo per essere a Roma al più presto…>>.
L’incontro si ebbe il 30 Ottobre, il Re accolse un Mussolini vestito in camicia; era il più giovane presidente del consiglio.
La guerra civile – si diceva – era finita, finalmente il fascismo sarebbe entrato nella legalità.
Si ebbe un governo di coalizione, composto cioè non esclusivamente da fascisti, ma anche da tre liberali, due popolari, due socialdemocratiche, e anche esponenti delle forze armate.
Con la salita al potere di Mussolini, le violenze non cessarono; molti degli squadristi non tolleravano che la loro <<rivoluzione>> fosse sottoposta ad un processo di normalizzazione; alcuni di essi come Roberto Farinacci (ras di Cremona) si scontrarono con lo stesso Mussolini, accusando lo stesso di porre fine alla rivoluzione. In quei giorni, proprio a Cremona, apparvero delle scritte del tipo <<Per Benito Mussolini botte, botte a volontà>>.
I primi atti del governo furono la costituzione della Milizia Volontaria per la sicurezza nazionale in cui affluirono molte delle squadre d’azione (in netto contrasto con la milizia Regia), e la creazione di un Gran Consiglio del Fascismo, cioè un supremo organo destinato tra l’altro a prendere decisioni politiche e a togliere quindi potere al parlamento.
Nel 1923 fu poi varata la legge Acerbo – in base alla quale due terzi dei seggi (cioè 356 su 535) sarebbero andati al partito che avesse avuto più voti, anche senza la maggioranza assoluta. Tale legge garantiva a Mussolini il potere assoluto.
Subito dopo si ebbero le elezioni (nel 1924) che decretarono il consolidamento del fascismo al potere. Tali elezioni si svolsero, però, sotto continue violenze da parte dei fascisti. Ad evidenziare tale stato di fatto fu Giacomo Matteotti, che il 30 maggio 1924 prese la parola in parlamento e denunciò tali violenze avvenute addirittura all’interno dei seggi.
In parlamento, Matteotti accusò i fascisti delle violenze da loro perpetrate – <<alcune volte>> – disse Matteotti << Coloro che ebbero la ventura di votare e di raggiungere le cabine, ebbero dentro le cabine in moltissimi Comuni, specialmente della campagna, la visita di coloro che erano incaricati di controllare i voti >>. In aula si alzarono le urla di protesta dei fascisti, si ebbero momenti di tensione.
Quello che accadde dopo è ben noto; Matteotti uscì da casa alle 16:30 del 10 giugno 1924, era sua abitudine arrivare al lavoro a piedi e mantenne tale abitudine anche in questo momento estremamente pericoloso. Sul lungotevere Arnaldo da Brescia si avvicinò una macchina, e da quel momento in poi il deputato scomparve. Il corpo senza vita fu ritrovato poco dopo, nel pomeriggio del 12 agosto, da un cantoniere addetto alla sorveglianza del tratto della via Flaminia. Lo sdegno fu enorme in Italia. Furono accusati come presunti responsabili del rapimento: Amerigo Dumini, Albino Volpi, Giuseppe Viola, Augusto Malaria e Amleto Poveruomo.
Mussolini fu quasi totalmente lasciato solo: alcuni gerarchi, come Farinacci, pensarono di sostituire ai vertici lo stesso Mussolini; il popolo, che aveva visto nel Fascismo uno strumento di violenza ma anche l’unico metodo che poteva portare un po’ di tranquillità e di ordine stracciò le tessere. L’opposizione a questo punto aveva tutti gli elementi per abbattere il Fascismo, ma commise l’errore di abbandonare la Camera e attuare una vera e propria secessione, che venne detta dell’Aventino a ricordo di quella attuata nell’antica Roma dalla plebe romana contro i patrizi. Il carattere di tale protesta è ben visibile dalle parole de Il Manifesto dell’Aventino, del 27 giugno 1924, che con queste parole denunciava il pericolo di tale momento storico:<< Lassemblea delle Opposizioni, riunita in Montecitorio il 27 giugno 1924, invia il suo commosso saluto alla memoria di Giacomo Matteotti, barbaramente trucidato, che, oltre le differenze di parte, è divenuto nel suo tragico sacrificio il simbolo della idealità di libertà e di ordine civile…>>.
L’opposizione in questo momento riponeva la proprio fiducia verso il Re, verso l’unica persona che con una sua presa di posizione avrebbe potuto decidere le sorte del fascismo: ma il Re aveva già deciso, preferiva tenersi il fascismo con i suoi eccessi.
Mussolini fu rincuorato da tale fiducia e fu spinto dai suoi uomini, primo fra tutti Italo Balbo ad imporre un regime autoritario, una svolta, che potesse permettere al Fascismo di non essere più messo in discussione.
Il 3 gennaio del 1925 nasce la dittatura fascista.
Mussolini decise di avviare quel processo di smantellamento dello Stato liberale e di dare un nuovo corso al proprio regime. Quello stesso giorno alla Camera Mussolini sfidò apertamente l’ opposizione, egli disse: << L’ art 47 dello Statuto dice : “ La Camera dei deputati ha diritto di accusare i Ministri del Re, e di tradurli dinanzi all’ Alta Corte di Giustizia”. Domando formalmente se in questa Camera o fuori di questa Camera c’ è qualcuno che si vuol valere dell’ art. 47>> Nessuno parlò, mentre dalla parte della camera occupata dai fascisti si levarono vivissimi prolungati applausi.
Mussolini rivendicò a sé la responsabilità dell’ accaduto. Concluse il discorso, che di fatto, instaurava la dittatura con queste parole: << Voi state certi che nelle 48 ore successive a questo mio discorso la situazione sarà chiarita su tutta l’ area>>.
Dal colpo di Stato del 3 gennaio 1925 il fascismo si trasformò in un vero e proprio regime; vennero subito varate (tra il 1925-1926) le <<leggi fascistissime>>, queste prevedevano tra l’altro:
- Lo scioglimento di tutti i partiti e movimenti politici, ad eccezione di quello fascista;
- La soppressione della libertà di parola e di associazione;
- La stampa fu sottoposta a una forte censura
- Il potere legislativo,a sua volta,venne sottratto al parlamento e attribuito all’esecutivo e cioè al capo del Governo (dal 24 dicembre 1925 non si parlò più di presidente del consiglio)
- Le amministrazioni locali, come quelle comunali previdero l’elezione di un podestà di nomina governativa
- Fu restaurata la pena di morte
- Fu creato il Tribunale speciale per la difesa sello Stato, volto a reprimere tutti gli attacchi contro il fascismo. Tale tribunale era presieduto da fascisti della prima ora, e quindi non offriva alcuna garanzia di imparzialità per gli accusati.
- A tale tribunale fu affiancata l’Ovra (L’Organizzazione per la vigilanza e la repressione dell’antifascismo). Bisogna dire che sul significato vero e proprio della parola ci sono ancora forti dubbi.
- Le elezioni divennero <<plebiscitarie>>, e totalmente inutili; infatti era prevista la compilazione di una unica lista da parte del governo e i cittadini dovevano limitarsi a votare con un <<si>> (la scheda dall’esterno era facilmente riconoscibile perché tricolore) o con un <<no>>(la scheda in questo caso era totalmente bianca), in questo modo anche la segretezza del voto era totalmente annullata. Nei periodi “elettorali” ci si trovava a camminare per strada e vedere intere palazzine coperte con migliaia di <<Si>> a ricordare quale doveva essere la scelta del “buon italiano”.
- Venne riformata totalmente la scuola, riforma affidata a Giovanni Gentile.
- Dal punto di vista della politica interna, il fascismo nel 1926 sancì l’entrata del nuovo codice penale, chiamato “Il codice Rocco”, redatto da Alfredo Rocco. Le novità di tale codice furono:
- l’abolizione delle commissioni interne delle fabbriche;
- abolizione del diritto allo sciopero;
- abolizione dei sindacati.
Con tale intervento legislativo, il fascismo, imbocco la strada verso un aperto appoggio all’alta finanza e alla grande borghesia capitalistica; ma gettò le basi anche alla ristrutturazione dello Stato verso un regime <<corporativo>> dei rapporti fra capitale e lavoro.
In fatti, i liberi sindacati, dopo esser stati colpiti sia materialmente che idealmente dal Regime, furono inquadrati nelle corporazioni, delle quali erano chiamati a far parte obbligatoriamente tutti i rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori delle diverse categorie di produzione. Si creava così il triangolo tra la corporazione – Stato – padrone, dove lo Stato aveva un ruolo di <<giudice>> neutrale tra le controversie tra la corporazione e il padrone.
Lo Stato, quindi, venne totalmente trasformato.
Nello Stato fascista non erano previste opposizioni, lo stesso Mussolini in un discorso tenuto nel 1927 disse:<< Qui sorge il problema: ma come fate a vivere senza un’opposizione? L’opposizione ci vuole, perché sta bene nel quadro. Noi respingiamo nella maniera più perfetta e sdegnosa questo ordine di ragionamento….L’opposizione l’abbiamo in noi, cari signori; noi non siamo vecchi ronzoni che hanno bisogno di essere pungolati. Noi controlliamo severamente noi stessi…Quindi nessuno speri di vedere dei giornalisti antifascisti, no; o che si permetterla resurrezione di gruppi antifascisti: neppure >>. Anche s e bisogna dire negli anni in alcune riviste come “Primato” di Bottai trovarono posto, per le loro idee, se non proprio degli antifascisti degli afascisti.
Dal 1925 in poi si accelerò anche quello che fu chiamato il <<culto di Mussolini>> che da lì a poco impartì l’ordine di essere chiamato Duce. Tale operazione incominciò alla fine degli anni venti, ma si consolidò negli anni trenta grazie ad un uomo chiamato Achille Starace (segretario del P.N.F. dal 1931 al 1939).
Col passare degli anni la tessera del partito divenne sempre più di vitale importanza, tanto che il popolo la cominciò a chiamare la “tessera del pane”. L’Italia intera venne inquadrata come una grande caserma; il sabato venne dichiarato il giorno dedicato al fascismo e per questo chiamato << Sabato fascista >> e il modo migliore per rappresentarlo era passarlo con esercizi ginnici al Foro Mussolini o con parate militari (famosi sono i salti nel cerchio di fuoco ideati da Starace, se un dipendente dello Stato non effettuava tale esercizio era quasi sicuro di perdere il posto!).
Le <<adunate oceaniche>> diventarono un appuntamento che l’italiano non poteva (e non doveva) assolutamente perdere, soprattutto i piccoli balilla, che in caso di mancanza a tale avvenimento potevano rischiare alcuni giorni di sospensione a scuola.
Le masse, come già detto, furono inquadrate; addirittura fu imposto in molti posti di lavoro l’ordine di vestire la divisa militare, ricordandosi poi di stare <<sull’attenti>> davanti al capo.
Dall’ altra parte le masse ebbero la sensazione, per la prima volta, di essere coinvolte; come scrive Renzo De Felice:<< Sarebbe troppo semplicistico ed errato spiegare il consenso solo con il regime di polizia, il terrore, il monopolio della propaganda di massa. Al contrario dei regimi conservatori e autoritari classici il fascismo ha sempre teso e da ciò ha tratto a lungo la sua forza a creare nelle masse la sensazione di essere sempre mobilitate, di aver un rapporto diretto col capo…e di partecipare a contribuire non ad una mera restaurazione di un ordine sociale…, bensì ad una rivoluzione dalla quale sarebbe gradualmente nato un nuovo ordine sociale migliore e più giusto >>.
Il Partito Nazionale Fascista diventò una grande macchina burocratica, all’interno del quale vi erano tre correnti di pensiero, verso quello che doveva essere il fascismo e il suo futuro:
- La corrente conservatrice che riteneva che il Fascismo si era ormai pienamente realizzato e quindi bisognava amministrare con equilibrio ciò che si era ottenuto.
- La corrente <<rivoluzionaria>> moderata che mirava ad una condotta politica più aperta alle esigenze della vita associata e caratterizzata da un minore ricorso ai mezzi eccezionali. L’esponente di spicco di tale corrente era Dino Grandi.
- La corrente <<rivoluzionaria>>intransigente, che riteneva ancora irrealizzata la rivoluzione fascista e che esigeva una <<fascistizzazione >>ancora più radicale e integrale. Esponenti di tale corrente erano uomini come Starace, Farinacci, e Preziosi.
Il 1929 fu un anno fondamentale per il fascismo e il suo consolidamento. L’Europa intera era immersa in una profonda crisi economica, nata dalla crisi di Wall Street, con il crollo della borsa Americana.
Ogni paese europeo fu travolto da tale crisi, in più c’erano ancora i debiti della grande guerra da pagare da parte delle nazioni sconfitte (furono attuati due piani economici per tale problema: il piano Daws nel ’24 e quello Yaung nel ’29).
Mussolini cercò di resistere a tale crisi con una politica di investimenti per grandi lavori di pubblica utilità, tendenti a migliorare le condizioni di vita dei cittadini, a garantire il più vasto impiego di manodopera largamente disoccupata e a dimostrare le capacità realizzatrici del regime. Vennero costruiti ponti, acquedotti, ferrovie (tali <<opere>> poi diventarono le copertine dei quaderni dei bambini; in questo modo potevano ricordarsi quelle che erano state le <<opere>> del Duce per l’Italia).
Furono create nei primi anni trenta vere e proprie città come Littoria (oggi Latina), Sabaudia Pomezia.
Sempre dal punto di vista economico il fascismo intraprese la via dell’ autarchia. Tale politica economica si proponeva di mettere l’Italia in condizione di produrre da sola tutto ciò che le occorreva, rendendo così l’economia italiana autosufficiente. Nacque cosi l’abitudine di usare i surrogati, per tutto, ecco perché chi andava al bar e desiderava un caffè vero, quindi non surrogato, doveva chiedere un caffè – caffè!
Ma il 1929 è anche l’anno del successo più importante per Mussolini: la stipulazione dei patti Lateranensi del 11 febbraio 1929.
A tal proposito, bisogna sottolineare che il regime fascista si era sempre mostrato ostile verso il modo cattolico ma ad un certo punto Mussolini capì l’importanza che avrebbe avuto per lui e per il suo regime il riavvicinamento dei rapporti tra Stato e Chiesa. Mussolini, quindi, si incontrò con Pietro Cardinale Gasparri ( segretario di Pio XI ) per siglare il Trattato del Laterano.
Tale avvenimento era importante fondamentalmente per due motivi:
- Da una parte, avrebbe tranquillizzato la popolazione cattolica che ancora guardava al Fascismo solo come espressione di violenza;
- Dall’altra parte, il fascismo poteva contare anche sull’appoggio del potere Temporale.
Con tali patti, si poneva fine alla <<questione romana>> apertasi nel settembre del 1870. Esso sanciva il riconoscimento da parte del Papa di Roma come capitale d’Italia, mentre il governo italiano ammetteva la religione di cattolica come unica religione dello Stato e concedeva al papa piena sovranità sul nuovo Stato della Città del Vaticano. Veniva poi accordato alla Santa Sede una forte somma in denaro a compenso dei danni subiti nel 1870 con la perdita dei proventi dell’ex Stato pontificio.
Questo riavvicinamento fu un enorme vittoria per il fascismo: Mussolini era riuscito lì dove molti avevano fallito.
Dal punto di vista della politica internazionale, Mussolini nella sua qualità di ministro degli Esteri nel periodo 1922-1923, riuscì a moderare le aspettative dei fascisti più intransigenti.
Infatti il Duce era impegnato, sul piano internazionale, a dare l’idea di un Italia profondamente rinnovata, pacificata e disciplinata al suo interno e vogliosa di contare come grande potenza all’interno dell’Europa. La politica internazionale fu, fino agli anni trenta, una politica di pace volta ad avere buoni rapporti con la Francia e soprattutto con l’Inghilterra.
Un elemento non propriamente politico, ma abbastanza importante per le relazioni internazionali, fu il periodo delle grandi imprese come le mitiche trasvolate di Balbo, che tra il 17 dicembre e il 15 gennaio 1931, con dodici idrovolanti percorsero 10.400 chilometri (Ortobello- Bolama- traversata atlantica- Porto Natal- Rio de Janeiro.) Sulla base di questa esperienza venne progettata e portata a termine tra il 1° luglio e il 10 agosto 1933 una ben più ardua crociera da parte di ventiquattro apparecchi dell’aeronautica militare italiana, che per la prima volta in regolare assetto sorvolarono l’Atlantico settentrionale compiendo il percorso Roma – Chicago, New York- Roma: fu la cosiddetta <<Crociera aerea del decennale>>.
Tali imprese suscitarono vivo interesse in tutto il mondo, proiettando sull’Italia simpatie e ammirazione.
In America Balbo fu accolto come un eroe, in suo onore fu chiamata una via di New York e fu eretta anche una statua. Italo Balbo fu anche l’ icoronato dai Sioux che lo battezzarono con il nome <<Aquila Volante>>. Il culmine si ebbe quando Balbo venne portato al Medison Square Bolw di Long Island, lo stadio più grande degli Stati Uniti, capace di 200.000 posti e stracolmo, mentre altrettanti aspettavano fuori. Mussolini, ovviamente, non perse l’occasione di sfruttare tale atmosfera per instaurare buoni rapporti con il presidente F.D. Roosevelt.
Un uomo molto importante per la politica Estera fu Dino Grandi (ministro degli esteri dal 1929-1932). Nella sua politica diplomatica egli seppe sempre ispirarsi a criteri moderati. Questi furono anche gli anni di un netto disaccordo dalla Germania.
Nel 1932 Grandi viene sostituito e mandato in Inghilterra come ambasciatore a Londra.
Il 30 gennaio del 1933 si ebbe, in Germania, l’ ascesa al potere dei nazisti di Hitler, questo evento cambiò radicalmente l’equilibrio Internazionale.
Gli anni trenta, come già detto, furono molto importanti; si ebbe il consolidamento del passaggio dal Movimento al Regime fascista; questo passaggio fu possibile anche grazie all’ ascesa come segretario del partito di Achille Starace; dal punto di vista internazionale si ebbe l’ascesa di Hitler, il cambio di Chamberlain con Churchill in Inghilterra e l’ascesa di F.D. Roosevelt in America. Ci fu anche il cambio al vertice degli Esteri con l’investitura di Galeazzo Ciano, ovviamente molto lontano dal genio di Grandi. Nel 1935-1936 il Regime ebbe il suo momento di maggior popolarità con la proclamazione dell’Impero. Ma gli anni trenta furono anche l’inizio della fine del regime, con l’attuazione delle <<Leggi raziali>> del 1938.
Come già accennato, l’apice della popolarità e del consenso il regime lo raggiunse con la proclamazione dell’ Impero nel maggio del 1936. Ma come si arrivò al conflitto contro l’Etiopia? Bisogna dire prima di tutto, che tale impresa risultava essere decisamente anacronistica: l’epoca dell’ colonialismo era da tempo già passata e i popoli colonizzati cominciavano ad avvertire l’esigenza di libertà e di indipendenza. In più tale impresa non poteva non avere ripercussioni all’interno della Società delle Nazioni. Ma ormai anche Mussolini era deciso ad avere il suo Impero, il famoso <<posto al sole>> che tanti vantaggi avrebbe portato al popolo italiano.
Il motivo scatenante per attaccare le terre del negus Hailè Selassiè fu l’imboscata da parte di bande etiopiche contro un presidio italiano avvenuto nei pressi di Ual Ual. Tale avvenimento scatenò lo scoppio del conflitto nel ottobre del 1935 (avvenuto senza una dichiarazione di guerra).
Il 18 novembre la Società delle Nazioni, dichiarò l’Italia colpevole di una vera e propria aggressione, e decisero di applicare nei suo riguardi delle sanzioni economiche.
Tale azione fu trasformata da Mussolini in uno strumento propagandistico a suo favore, comparvero manifesti e cartoline raffiguranti un guerriero romano armato di lancia e di uno scudo con le scritte <<credere, obbedire, combattere>> che combatte contro un drago con la scritta sulla pelle <<Sanzioni>>. Sopra tale cartolina è poi riportata la scritta <<Italiani ricordate>>.
La guerra Etiopica fu condotta male e con estrema durezza. Pavolini e Ciano raccontano sul loro diario che quando si trovavano a sorvolare con l’aeroplano della squadriglia <<La Disperata>> e non vedevano esseri umani sopra cui sparare si divertivano a sparare agli animali. Durante la campagna Etiopica l’Italia fece uso indiscriminato anche delle armi chimiche, prima con Pietro Badoglio e poi con Rodolfo Graziani.
Il 9 maggio del 1936 Mussolini poté annunciare, di notte, a piazza Venezia davanti ad una folla enorme la proclamazione dell’Impero:<<Italiani! Con le decisioni che fra pochi istanti conoscerete e che furono acclamate dal Gran Consiglio del fascismo, un grande evento si compie:viene suggellato il destino dell’Etiopia, oggi, 9 maggio, quattordicesimo anno dell’ èra fascista…>>. Da quel momento Starace, segretario e regista del regime impose con il Foglio di Disposizioni n 817 del 28 maggio del 1937 intitolato <<Modificazioni riguardanti il saluto alla voce>> che: <<Nelle manifestazioni, che diano luogo a grandi concentramenti di forze, il più elevato in grado dei gerarchi del P.N.F. o fra i comandanti dei Fasci giovanili di combattimento, salutando romanamente griderà: ”Camicie Nere, salutate nel DUCE il Fondatore dell’Impero>>.
Finita una guerra se ne iniziò subito un’ altra, in Spagna:era la guerra civile spagnola che vedeva scontrarsi due opposte ideologie, il Fascismo e il Comunismo. Ovviamente Mussolini non perse l’occasione di mandare le proprie camicie nere a combattere al fianco di Franco contro le Brigate internazionali, ovviamente fece lo stesso anche la Germania nazista.
Tali avvenimenti portarono molto lontano l’Italia dall’orbita Inglese e Francese e l’avvicinarono sempre più alla Germania Hitleriana.
Tale avvicinamento, si ripercuoteva sia a livello internazionale ma anche a livello nazionale. Starace mantenne gli italiani in uno stato bellicoso permanente; ideò la guerra alla stretta di mano, al lei , allo stile di vita borghese.
Il 1938 è un anno fondamentale; Hitler venne in Italia a Roma e nel paese si preparano grandi festeggiamenti e parate militari. Starace accolse il Fuhrer alla stazione ferroviaria indossando per la pria volta il berretto a visiera da lui inventato per compiacere i camerati tedeschi (lo stesso che Mussolini indosserà il 10 giugno del 1940 a P.zza Venezia per proclamare l’entrata in guerra dell’ Italia). Da lì a poco l’Italia emanò le <<Leggi razziali>> (ottobre 1938), le quali prime vittime furono i bambini ebrei che si avviavano ad iniziare l’anno scolastico. Ormai l’Italia aveva lasciato la politica franco-britannica per scegliere quella della violenza e della guerra seguita dalla Germania nazista.
Mussolini, in questo periodo, si comincio a far raffigurare sempre in pose guerriere e militaresche, con la testa rasata e con l’ elmetto e la divisa militare. L’uomo che aveva mobilitato le masse per raccogliere <<Oro alla patria>>, servito poi per supportare la guerra Etiopica, ora si stava preparando ad una guerra ben più devastante. Il 22 maggio del 1939, Ciano, insieme ad Attolico, furono invitati a Berlino a firmare il primo patto aggressivo della storia: Il Patto d’acciaio.
Il 1 settembre alle 6:40 del mattino la Germania attaccò la Polonia: inizia la seconda guerra mondiale. Mussolini era ben conscio del fatto che l’Italia è del tutto impreparata alla guerra; decise di non intervenire e di nascondere tale periodo di riflessione sotto il nome dell<<non beliggeranza>>. Tale periodo durò fino al 10 giugno 1940 (grazie anche a gerarchi come G.Ciano, che anche se aveva stipulato il patto del ’39 ora ne capiva la pericolosità).
Il 10 giugno 1940, Mussolini, vestito completamente in nero, annuncia alla folla la decisione di portare l’Italia in guerra, dichiarando l’avvenuta consegna delle dichiarazioni di guerra agli ambasciatori di Inghilterra e Francia. Due giorni dopo Paragi cadeva nelle mani Tedesche.
L’Italia mandò subito alcune truppe in Francia firmando il 24 giugno l’armistizio con la stessa, dopo aver occupato a costo di dolore perdite un insignificante striscia di territori al di là delle Alpi.
Il 28 ottobre 1940, Mussolini, consigliato anche da Ciano (che ebbe a questo punto un certo entusiasmo per la guerra), decise di occupare la Grecia e la Jugoslavia. Era l’anniversario del 18° anno alla <<marcia su Roma>>. L’intervento in Grecia fu un disastroso; <<l’ onore italiano fu salvato dall’intervento degli alleati tedeschi, che intervennero in aiuto dell’ alleato dell’asse.
Intanto anche sul fronte africano, dopo i primi successi dell’Italia fra il 1940 e il 1941, gli inglesi avanzarono dall’Egitto penetrando in Libia, conquistando gran parte della Cirenaica , mentre altri reparti inglesi, in Africa orientale, occupavano la Somalia, l’Eritrea, L’Etiopia. Era la fine del breve Impero Fascista.
Nel frattempo, Hitler decise di attaccare anche la Russia; di rompere il patto che legava le due nazioni , il patto Ribbentrop- Molotov siglato nel ’39. Il 22 giugno del 1941, il dittatore tedesco, quindi, dette il via all’operazione Barbarossa. Lavanzata nell’immenso territorio sovietico da parte delle colonne motorizzate germaniche, furono appoggiate da un corpo di spedizione italiana di 200.000 uomini (Csir, poi Armir).
Sul fronte interno, in Italia, si stava vivendo un periodo durissimo. Il Duce, davanti all’andamento disastroso della guerra, si era rifugiato in un silenzio pieno di paura e tensione per il futuro. Mussolini era ora chiamato dal popolo, non senza un pizzico d’ironia <<Mutolini>>. Di fatti il popolo italiano, abituato ai grandi discorsi , alle grandi adunate, ora era lasciato solo davanti alla tragedia della guerra e non capiva tutto quel mutismo.Ovviamente tutti questi fattori accrescevano il malcontento interno, sia tra la popolazione e sia tra i gerarchi e lo stesso Re. Se l’Italia aveva donato, se non proprio con totale entusiasmo, ma con leggerezza la fede nuziale in cambio di una d’argento, l’oro per l’Italia ora vedeva con disgusto la razzia di metallo attuato dai fascisti casa per casa; metallo che ovviamente serviva a fornire materiale bellico alle truppe italiane.
Davanti ai negozi c’erano immense file di persone con la tessera del partito, diventata ormai la <<tessera del pane>>.
Le sconfitte militari, la diminuzione del potere d’acquisto e il nuovo giro di vite inferto ai consumatori (la razione di pane scese di 150 grammi al giorno) intaccarono fortemente il “fronte interno”, e finirono per trasformare il larvato malcontento dalle masse in vere e proprie contestazioni. Dall’ estate 1942, scioperi isolati erano scoppiati a Torino e Milano.
Davanti a questo periodo così duro la propaganda pensò di creare i famosi <<orti di guerra>>; e così fu possibile vedere anche al centro di Roma, davanti a Palazzo Venezia, giardini diventati ormai compi da arare dove crescevano pomodori, insalate e altro.
Il malcontento crebbe anche a livello più alto, i gerarchi cominciarono a prima a mormorare poi ad urlare il proprio dissenso per la rotta ormai intrapresa dal Fascismo sempre più Mussoliniano.
Balbo nel frattempo era morto in circostanze misteriose a Tobruk, ma almeno era morto nel modo in cui desiderava: in volo.
Il Re, nel frattempo aveva incominciato i colloqui per pensare al dopo Mussolini; prima con i “Collari dell’Annunziata” (carica reale che permetteva di essere cugini del re), poi con i vari esponenti di partito e Badoglio.
Il 10 luglio 1943 avviene il crollo: le truppe alleate entrano sul suolo italiano incontrando pochissima resistenza da parte delle truppe.
Il 19 luglio a Feltre Mussolini incontrò Hitler per parlare dell’andamento della guerra (si dice anche per parlare di uno sganciamento italiano dal conflitto) ma nello stesso giorno si verificò un avvenimento di portata storica, Roma, la città eterna venne bombardata nella zona di San Lorenzo e zone limitrofe. Furono distrutte migliaia di abitazioni, provocando gravi danni e numerose vittime tra i civili. Nessun esponente del governo ebbe il coraggio di andar in mezzo ala popolazione bombardata, solo il papa Pio XII cercò di portare conforto alla gente romana di San Lorenzo (si narra che la macchina di Pio XII fu assaltata dalla popolazione e ribaltata, il papa montò sulla macchina della polizia e se ne andò. Solo alcuni giorni dopo, Pio XII ritornò a San Lorenzo e riuscì ad immergersi tra la folla senza nessun pericolo per la sua persona- Testimonianza orale) e intonò il “De Profundis”
Tale avvenimento accelerò la crisi del fascismo.
Grandi chiese a Mussolini la convocazione del Gran Consiglio, che fu convocato sabato 24 luglio. Furono presentati tre ordini del giorno: l’Ordine del giorno Grandi, Ordine del giorno Farinacci, Ordine del giorno Scorsa. La riunione iniziò sabato alle 17 del pomeriggio; il primo a parlare fu Mussolini che parlò per due ore e difese le sue scelte e ciò che era stato fatto fino a quel momento. Il Duce buttò la colpa sui gerarchi, sull’imborghesimento di alcuni di essi. Poi presero la parola alcuni gerarchi come Grandi e Ciano (che nel frattempo era diventato genero del duce). Ciano si limitò a ricordare al Duce tutti i tradimenti perpetrati dall’ alleato tedesco. Ci furono due pause, il Gran Consiglio finì alle 2 di notte, con le parole di Mussolini che disse:<<Signori, voi avete aperto la crisi del Regime>>. Passò l’ordine del giorno di Grandi con 19 voti favorevoli, 7 contrari e un astensione. Per spiegare l’atmosfera che si respirava in tale momento basta dire che molti gerarchi andarono alla seduta del Gran Consiglio muniti di bombe a mano.
Il giorno dopo, Mussolini si recò a Villa Savoia (oggi Villa Ada), alle 17 del pomeriggio, sperava di aver la protezione del Re, ma invece già era tutto deciso. Vittorio Emanuele confermò l’amicizia tra i due, asserendo di essere l’unico amico su cui poteva contare in un Italia che ormai aveva imparato ad odiare il Duce. Mussolini salì su un autoambulanza, per ragioni di sicurezza personale, quella fu l’ultima volta che il Duce e il Re si videro.
La sera Badoglio comunicò alla radio alle 22:45 le “dimissioni” del Cavaliere Benito Mussolini.
A Roma scoppiò un immensa gioia, la popolazione scese per le strade per gridare e festeggiare quella che per il momento poteva sembrare oltre alla fine del fascismo anche la fine della guerra. Ma nel proclama Badoglio disse anche <<La guerra continua>>.
Per Mussolini cominciò un odissea, che lo portò, prigioniero di Badoglio sul Gran Sasso.
Il 12 settembre, lo stesso, fu liberato da un reparto delle SS comandato dal capitano Skorzeny.
Mussolini era libero ma umiliato.
Da lì a poco nacque la Repubblica Sociale di Salò, ma questa è un’altra storia, che finirà a piazzale Loreto.
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