L’esperienza costituzionale fascista – le leggi fascistissime
Una dispensa sull'esperienza costituzionale fascista e le leggi fascistissime

da | 17 Giu 2005 | Società, Storia | 0 commenti

Vittorio Emanuele III, posto di fronte alla crisi che investe la classe dirigente liberale, decide di esplorare un cammino nuovo, dando via libera ad un esperimento che finirà con il produrre un cambiamento della forma di governo.

Alla fine del 1922 (dopo la marcia su Roma, avvenuta il 28 ottobre 1922) Mussolini riceve l’incarico dal re di formare il nuovo governo. Il 31 ottobre 1922 Mussolini ha il titolo di Presidente del Consiglio dei Ministri. Il primo governo Mussolini, al quale partecipano ministri liberali, ottiene il voto di fiducia di un ampio fronte parlamentare che va dalla maggioranza dei liberali al partito popolare (306 voti favorevoli e 116 contrari).

Tra il 1922 e il 1925, Mussolini svolge un sistematico processo di fascistizzazione dello Stato, delle sue strutture e del suo ordinamento, gettando le basi della dittatura:

  • rafforzamento del potere esecutivo: viene svincolato dalla sua base parlamentare, lo spazio e il ruolo del Presidente del Consiglio è rafforzato;
  • indebolimento delle prerogative del Parlamento: indebolimento delle funzioni di indirizzo e controllo politico sull’operato del Governo;
  • integrazione delle strutture militari e politiche fasciste nell’apparato statale;
  • riduzione del pluralismo politico per imporre il partito unico (PNF);
  • eliminazione delle libertà costituzionali come quelle di stampa, di associazione e di sciopero.

L’esperienza costituzionale fascista può essere ripartita in quattro fasi:

  1. Il fascismo parlamentare (1922 – 1924);
  2. Le “leggi fascistissime” del 1925-26;
  3. L’evoluzione totalitaria dal 1928;
  4. La crisi e la caduta del regime

IL FASCISMO PARLAMENTARE

Questa fase inizia con il primo Governo Mussolini, seguito dal discorso alla Camera del 16 novembre 1922 e dal conferimento dei pieni poteri. Il 16 novembre 1922 Mussolini parla alla Camera, segnando un primo e significativo strappo rispetto alla tradizione del precedente sessantennio liberale. Il discorso lancia un segnale di forte cambiamento del clima istituzionale: la richiesta del voto dei pieni poteri per:

  1. riordinare il sistema tributario allo scopo di semplificarlo, di adeguarlo alle necessità del bilancio e di meglio distribuire il carico delle imposte
  2. ridurre le funzioni dello Stato, riorganizzare i pubblici uffici e istituti, renderne più agili le funzioni e diminuire le spese.

Per attuare i “pieni poteri” il Governo del Re ha, fino al 31 dicembre 1923, la facoltà di emanare disposizioni aventi vigore di legge, senza l’approvazione del Parlamento.

Nel 1923 viene approvata una nuova legge elettorale, la legge Acerbo, che elimina, di fatto, il sistema proporzionale fissando un premio di maggioranza pari ai 2/3 dei seggi per la lista che ottiene più del 25 % (maggioranza qualificata, nel nostro ordinamento attuale la maggioranza dei 2/3 consente di modificare la Costituzione); in seguito al rapimento e all’uccisione del deputato socialista Giacomo Matteotti, che all’apertura della nuova Camera aveva denunciato le illegalità e le violenze della campagna elettorale, nel paese si diffonde un’ondata di proteste e indignazione.

Le forze d’opposizione, dai liberali, ai socialisti, ai comunisti, abbandonano il Parlamento. Restano però le differenze interne: più prudenti i liberali e i socialisti, mentre i comunisti pensano ad un vero e proprio Parlamento alternativo, e il progetto di convincere il re a liquidare Mussolini e indire nuove elezioni ripristinando la proporzionale, fallisce.

LE LEGGI FASCISTISSIME

Il punto di partenza per la trasformazione dell’organizzazione dello Stato liberale furono le leggi del 1925-’26, dette “fascistissime“, ispirate dal giurista Alfredo Rocco, con le quali il capo del Governo fu reso responsabile di fronte al re e non più di fronte al Parlamento.

Il Parlamento non aveva più il potere di discutere alcuna legge senza il preventivo consenso del Governo. Il “processo di svuotamento” dello Statuto e di fascistizzazione dello Stato venne terminato nel 1939, quando la Camera dei Deputati venne sostituita con la Camera dei Fasci e delle Corporazioni.

Le “leggi fascistissime” sono:

  • legge 26 novembre 1925 n. 2029: predispone una mappatura dell’associazionismo politico e sindacale operante nel regno. Tutti i corpi collettivi operanti in Italia (associazioni, istituti, enti) su richiesta dell’autorità di pubblica sicurezza hanno l’obbligo di consegnare statuti, atti costitutivi, regolamenti interni, elenchi di soci e di dirigenti. In caso di infedele (o omessa) dichiarazione, il prefetto procede allo scioglimento, mentre sanzioni detentive indeterminate e sanzioni pecuniarie pesantissime, da un minimo di 2.000 ad un massimo di 30.000 lire;
  • legge 24 dicembre 1925 n. 2300: allontanamento del servizio di tutti i funzionari pubblici che rifiutano di prestare giuramento di fedeltà al regime;
  • legge 24 dicembre 1925 n. 2263 (primo intervento strutturale in materia costituzionale):
    • il Presidente termina di essere individuato come Presidente del Consiglio per diventare Primo Ministro Segretario di Stato, ottenendo la supremazia sugli altri Ministri i quali cessano di essere suoi colleghi (diventano suoi subordinati gerarchici). I singoli Ministri possono essere sfiduciati sia dal Re che dal Primo Ministro;
    • il capo del Governo è nominato e revocato dal Re ed è responsabile dell’indirizzo generale politico del Governo solo verso il Re, pertanto il Capo del Governo non è responsabile verso il Parlamento (non c’è rapporto di fiducia tra Parlamento e Governo);
  • legge 31 gennaio 1926 n. 100: attribuisce la facoltà al Governo di emanare norme giuridiche;
  • legge 4 febbraio 1926 n. 237: modifica l’ordinamento municipale, eliminando il consiglio comunale, (elettivo dal 1848), e il sindaco (elettivo dal 1890). Al sindaco subentra il podestà, egli è nominato con decreto reale e resta in carica 5 anni. Il podestà esercita le funzioni del sindaco, della giunta e del consiglio comunale.
  • Regio decreto 6 novembre 1926 n. 1848: testo unico delle leggi di pubblica sicurezza con il quale vengono ampliati i poteri dei prefetti ossia sciogliere associazioni, enti, istituti, partiti, gruppi e organizzazioni politiche e istituisce il confino come sanzione principale nei confronti dei soggetti che erano contro il regime;
  • legge 25 novembre 1926 n. 2008 (provvedimento per la difesa dello Stato presentati dal Ministro della giustizia Alfredo Rocco):
    • art. 1: qualunque attentato diretto contro le persone del Re, della Regina, del Reggente, del Principe ereditario e del Primo Ministro viene sanzionato con la pena di morte;
    • art. 3: l’istigazione all’attentato, a mezzo stampa, diventa un reato specifico punito con la reclusione da 15 a 30 anni;
    • art. 5: la diffusione all’estero di “voci o notizie false, esagerate o tendenziose sulle condizioni interne dello Stato” tali da nuocere al prestigio statale o agli interessi nazionali, comporta la reclusione da 5 a 15 anni, accompagnata dall’interdizione permanente dei pubblici uffici, dalla perdita immediata della cittadinanza italiana e dalla confisca dei beni;
    • art. 7: per applicare il “provvedimento per la difesa dello Stato” venne istituito il Tribunale speciale. Le sentenze del Tribunale speciale erano immediatamente esecutive e inappellabili.

In 24 mesi, dal 3 gennaio 1925 alla fine del 1926, il fascismo si fa Regime aprendo una nuova pagina nella storia istituzionale della storia italiana.

EVOLUZIONE TOTALITARIA

In seguito alle trasformazioni avvenute tra il 1925 e il 1926, l’unico organo che effettivamente poteva decidere ed attuare la linea politica divenne il capo del Governo e cioè il capo del fascismo. In Mussolini vennero, così identificati, lo Stato ed il Partito, creando una vera e propria dittatura fascista.

A partire dal 1928 gli elementi chiave che determinano l’ evoluzione totalitaria sono:

  • istituzionalizzazione del Gran Consiglio del Fascismo che diventa organo costituzionale con la legge 9 dicembre 1928 n. 2693 (in precedenza era organo di partito)
  • riforma della rappresentanza politica: il 14 marzo 1928 Mussolini presenta alla Camera il disegno di legge sulla riforma della rappresentanza politica con la quale il numero complessivo dei deputati viene ridotto a 400, da eleggere in un unico collegio nazionale. La presentazione delle candidature era di competenza di due gruppi:
    • confederazione nazionale del sindacato fascista;
    • associazioni culturali di importanza nazionale abilitate da un regio decreto;
  • soppressione della Camera dei deputati e istituzionalizzazione della Camera dei Fasci e delle corporazioni (7 ottobre 1938).

Uno stato totalitario comportava, infatti, un completo controllo da parte dello Stato stesso sulla società e sugli individui, penetrando sempre più negli strati sociali. Per cercare di realizzare questo, il fascismo cercò, con l’istituzione della Camera dei Fasci e delle Corporazioni, di dare concretezza alla politica del corporativismo.

Lo Stato creò le corporazioni per guidare la vita produttiva e per conciliare e superare i conflitti sociali che potevano sorgere. Questa politica prevedeva una collaborazione obbligata tra le diverse classi sociali nell’interesse della produzione nazionale. Con questa dottrina il regime proponeva il superamento del liberalismo, che poneva al centro l’individuo, sia del socialismo marxista, che poneva al centro la lotta di classe.

DALLA CADUTA DEL FASCISMO AI PRINCIPI COSTITUZIONALI

Con la caduta del fascismo, avvenuta il 25/7/1943, si aprì una nuova fase in cui la situazione politica cambiò. Le diverse forze politiche antifasciste che fino a quel momento non poterono farsi sentire, riuscirono ad affacciarsi sulla scena politica, dando un contributo nella fondazione di uno Stato Democratico, che trovò la propria definizione giuridica nell’entrata in vigore della Costituzione il primo gennaio 1948.

Questa legge fondamentale dello Stato nacque da un compromesso costituzionale, cioè da un contratto a carattere politico in cui le diverse forze rinunciarono reciprocamente a qualcosa per arrivare ad un accordo finale.

La Costituzione fu la legge che ribaltò i principi fascisti in favore del ritorno ai principi liberali, con i quali in particolare, sono stati riconosciuti sia il valore della persona come fine e valore fondamentale dello Stato, mettendo quest’ultimo al servizio dei diritti delle persone, sia le comunità sociali e il pluralismo con i quali è stata data la possibilità alle persone di unirsi in “comunità” autonome e protette dalla Costituzione, con capacità di perseguire i propri interessi in piena libertà armonizzandosi però nella vita nazionale. In particolare, con il pluralismo si è evitato che tutti i poteri si concentrassero in un’unica organizzazione, per distribuirli tra un’organizzazione principale ed altre con essa coordinate, ognuna corrispondente alle diverse comunità di cui i singoli fanno parte.

Con il compromesso costituzionale, ed in particolare con l’entrata in vigore, qualche anno più tardi, della Costituzione, si è passati, dunque, da uno stato totalitario, in cui tutti i diritti civili, politici ed economici erano stati soppressi, ad uno stato sociale, cioè ad uno stato che riconosce i diversi gruppi sociali, rispetta il suo compito di giustizia e considera sempre come propria la finalità di realizzare il benessere e l’uguaglianza sostanziale dei cittadini.

Basandosi su questo compromesso, la Costituzione è stata fondata su alcuni principi fondamentali come:

  • DEMOCRAZIA COMPETITIVA: secondo cui la sovranità appartiene al popolo ed in particolare il potere politico deriva da una libera competizione tra tutte le componenti sociali. In questo modo tutte le decisioni riguardanti la collettività vengono prese come con il consenso degli appartenenti alla comunità sociale, nel cui ambito devono operare tenendo conto delle aspirazioni e dei progetti dei diretti interessati. L’unico limite per il potere del popolo è che questo va esercitato nei limiti e nelle forme previste dalla Costituzione, derivanti per esempio dalla rigidità della stessa e dalla giustizia costituzionale.
  • LIBERTA’ DEI SINGOLI: è il presupposto della democrazia che si rifà al “pluralismo ideologico”, secondo cui ogni cittadino può essere se stesso e differenziarsi dagli altri. I tipici diritti di libertà sono quelli riguardanti l’aspetto fisico (libertà personale) e spirituale dell’uomo (libertà di coscienza, fede, ecc.), riconosciuti in modo assoluto, e quelli inerenti l’aspetto materiale (libertà economiche di proprietà privata e di iniziativa economica) riconosciute solo se subordinate all’interesse generale. La Costituzione però, oltre che riconoscere dei diritti, impone ai cittadini di adempiere ai “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, che si riferiscono al dovere che, per esempio, ogni singolo cittadino ha di istruirsi per sviluppare la propria personalità, sia per se stesso, sia per potersi rendere utile alla società; di svolgere, secondo le proprie possibilità e scelte, un’attività o funzione che concorra al progresso materiale e spirituale de lla società; di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione.
  • GIUSTIZIA: principio secondo il quale lo Stato attraverso apposite norme cerca di ridurre le differenze economico – sociali tra le diverse categorie dei cittadini per permettere a tutti di usare nella stessa misura i propri diritti e di vivere una vita quantomeno dignitosa. Questo principio si collega a quello di uguaglianza formale e sostanziale.
  • UGUAGLIANZA FORMALE E SOSTANZIALE: la prima riconosce che la legge è uguale per tutti e quindi sono vietati i trattamenti di favore o di sfavore da parte della stessa pubblica amministrazione che, come un giudice durante un processo, deve essere indipendente e neutrale. Oggi, infatti, sono vietate tutte le discriminazioni legate al sesso, alla razza, alla lingua, alla religione, alle opinioni politiche e alle condizioni personali e sociali in cui il cittadino vive; questo principio rovescia chiaramente la volontà, propria del fascismo, di discriminare e di eliminare fisicamente una minoranza, come quella ebraica. L’uguaglianza sostanziale, rifacendosi all’idea di Stato sociale, prevede che le situazioni uguali devono essere trattate in modo uguale e quelle diverse in modo diverso, in modo da poter correggere le disuguaglianze derivanti dalle ingiustizie del passato o da cause naturali.
  • INTERNAZIONALISMO: a differenza della visione di nazione che era propria del fascismo, la Costituzione prevede che questa riconosca e difenda la propria identità nel rispetto però degli altri Stati, con i quali deve avere atteggiamenti aperti di collaborazione ed integrazione.

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